La squadra vincente

“Il comportamento umano è determinato dall’ambiente”

-Jacque Fresco-

Se, ormai, avete ben chiaro il quadro generale e la giusta mentalità, è i momento di formare la squadra giusta. Sarebbe bello poter scrivere che è facile, niente di cui preoccuparsi, ma non sarebbe vero. C’è molto di cui preoccuparsi invece, molte cose possono andare storte ed è tutt’altro che facile. Onestamente, può rivelarsi un incubo. Gli ingegneri sono formati per lavorare con macchine e tecnologie e lo fanno perfettamente. Ma qui si tratta di lavorare con le persone e questo richiede un insieme di abilità completamente diverse. Non sono cose che si possono misurare, toccare, e quasi nulla è prevedibile. Riguarda le persone, le loro emozioni, la loro motivazione, gli interessi personali, la vita personale… e diciamoci la verità, gli ingegneri sono raramente formati per gestire tutto questo. Gli errori fatti in questa fase possono rovinare anche la migliore delle strategie e tutti i piani in pochissimo tempo. La frustrazione conseguente può portare al punto di arrendersi. È già successo, succede tuttora e continuerà ad accadere in futuro.

Spostiamoci al di fuori del nostro ambiente industriale per un momento. Immaginiamo di pianificare un viaggio con una piccola barca a vela da qualche parte nel Mar Adriatico. Abbiamo spazio per una squadra di cinque o sei persone per affrontare questa avventura. Almeno venti dei nostri amici sanno come portare una barca a vela – o hanno comunque le basi per poterlo fare – e al limite, se non sono così sicuri, possiamo anche insegnargli facilmente. Come selezioniamo la squadra da venti a cinque unità? Cosa è importante? Solo le loro abilità veliche? Io non la penso così e vorrei illustrarvi cosa è che mi può importare.

La mentalità conta molto. Vogliamo persone con senso critico o persone accomodanti? Essere un giocatore di squadra è molto importante. Il desiderio di fare quel viaggio è molto importante: c’è passione? Anche andare d’accordo con gli altri membri della squadra è importante. Andiamo oltre, chi ha una vita personale travagliata? Pignoli sul cibo? C’è qualcuno che non regge bene una o due birre? Qualcuno che russa? Problemi di igiene personale? Qualcuno di pigro?

Visto quanto ci si può addentrare e approfondire i dettagli, per valutare la scelta migliore quando scegliamo gli amici per un viaggio? Le abilità tecniche di navigazione passano in secondo piano. Dopotutto è un viaggio e si passerà molto tempo insieme.

Il percorso di lubrificazione non è molto differente da quel viaggio; forse è leggermente più complesso. Invece di un gruppo di amici che si divertono, perché hanno scelto di farlo, si avrà un gruppo di persone che fanno il loro lavoro otto ore al giorno, a parte quello che fanno nel loro tempo libero, privato.

Ecco un altro scenario da tenere in considerazione. Immaginiamo di remare in una canoa a otto posti; tipo Oxford e Cambridge, che competono dal 1829 (su base annuale dal 1856). Forza e resistenza sono estremamente importanti, ovviamente, ma come si sceglie effettivamente la squadra giusta? Cosa conta? Solo la forza e la resistenza? Ancora una volta, non credo. Immaginiamo la quantità di tempo che trascorreranno insieme e tutto ciò che devono fare per prepararsi per, alla fine, vincere quella gara.

Si applicano le stesse domande: mentalità, essere un giocatore di squadra o meno, desiderio, passione, vita privata travagliata, pignoli sul cibo, chi non regge una o due birre, qualcuno che russa, problemi di igiene personale, qualcuno di pigro?

Osserviamo la quantità di elementi e la profondità di valutazione che bisogna raggiungere per assemblare una squadra vincente. Sembra che la forza e la resistenza siano secondarie alla simpatia e alla compatibilità. Si dice che, se si deve scegliere tra un ragazzo che remerà fuori ritmo rispetto alla squadra e uno che non fa proprio nulla, quest’ultimo sia meglio.

Se sette ragazzi remano e uno resta fermo, si ha l’87,5% della potenza prevista. Se otto su otto stanno remando, ma uno di questi è fuori ritmo, l’efficienza potrebbe scendere al 75% o anche di più. Scegliendo tra due cattive possibilità, è meglio avere compagni di squadra più deboli e allineati rispetto a compagni di squadra più forti ma disallineati. I due esempi illustrano come si possa essere danneggiati a piccoli, silenziosi passi… o in uno sprint breve. Entrambi gli scenari danno risultati distruttivi.

Quindi assicuriamoci di non dover scegliere tra due opzioni sbagliate. Puntiamo al 100% e prepariamo bene la nostra squadra.

Come abbiamo visto, è complesso, richiede piena attenzione e tutte le capacità di comando per fare una cosa come si deve e come è giusto che sia fatta: per l’organizzazione, per noi e per tutti i membri del gruppo.

1. Sii un leader, non un capo

Più facile a dirsi che a farsi, dato che in molti non capiscono proprio che il concetto di leadership è l’opposto dell’essere il capo.

LUBExpert implementation

Un capo dà comandi ai propri collaboratori e si aspetta che loro li eseguano. Potrebbe funzionare se si è un genio assoluto che ha tutto perfettamente sotto controllo. Ma se si è in grado di fare tutto da soli, in primo luogo, perché allora si ha bisogno di una squadra?

I capi in quanto tali possiedono il tempo dei propri collaboratori: 8 ore lavorative al giorno, sì, ma è tutto ciò che potranno ottenere. I leader ottengono molto di più; mentalità, coinvolgimento, responsabilità, iniziativa…. I leader ottengono l’intero pacchetto. Un leader aiuta gli altri a migliorare. Quando le nostre risorse più preziose, le persone, migliorano, il miglioramento dell’intero sistema avverrà molto più rapidamente. Oltre ad aiutare gli altri, un leader si assume la piena responsabilità delle loro azioni. Non è facile, ma è molto gratificante.

Questa non è certamente una lezione sulla leadership, ma alcuni suggerimenti potrebbero tornare utili. Dimentichiamo l’uso dell’autorità, usiamo invece la passione. Uno dei membri più importanti del vostro gruppo è probabilmente il vostro capo, magari una persona nella Direzione che supporta il vostro programma. Abbastanza difficile essere prepotenti con il proprio capo, giusto? Trasferiamo la nostra passione e le nostre convinzioni, spieghiamo e istruiamo, ascoltiamo e mostriamo rispetto, motiviamo, senza mortificare, spieghiamo gli obiettivi ad ogni membro del gruppo nella lingua che più gli piace. Valori, credenze, comportamento e rituali, mentalità, cultura: è questa la prima attività da creare all’interno della squadra. I benefici della tecnologia cresceranno bene su un terreno così fertile.

2.Gruppo – MUST-ers (dovere) vs WANT-ers (volere)

Non sono veramente parole inglesi ma servono per illustrare al meglio ciò che si vede spesso. Alle persone vengono assegnati determinati compiti e il loro superiore li manda a far parte del gruppo. Quindi DEVONO. Si può riconoscere un MUST-er, cioè il ragazzo distratto dal suo cellulare durante l’addestramento. Uno spreco di tempo per tutti. E non è neanche colpa sua. Probabilmente è colpa di chi l’ha accettato nel gruppo, e della persona che l’ha inviato. I MUST-ers non sono nati così, è il sistema che li crea. I capi li creano, costringendo le persone a fare qualcosa che non capiscono o che non li interessa. Non faranno mai il lavoro bene. Non accettiamo MUST-ers nella squadra perché prima o poi vinceranno … e noi perderemo.

Proviamo il contrario. Promuoviamo il nostro programma, promuoviamo l’idea, parliamone, condividiamo le nostre conoscenze, i nostri piani. Bisogna ascoltarsi per essere sicuri che si capisca ciò che vogliamo dire. E poi ascoltiamo. Riconosciamo chi reagisce alla nostra passione con altrettanta passione. Lì troveremo i nostri compagni di squadra.

Chi DEVE, nel migliore dei casi, diventa uno che fa cose.

Chi VUOLE, diventa uno che pensa.

C’è bisogno di persone che pensano.

3. Tifosi – Incerti – Oppositori

Dopo aver reclutato la squadra dal gruppo dei “tifosi”, il lavoro non è finito. Ci sono ancora altri due gruppi di persone: lì a fare il loro lavoro ci sono gli incerti e gli oppositori, come parte dell’organizzazione.

Gli ingredienti necessari per il nostro programma sono:

· Giusti motivi perché si – per essere sicuri di aver capito.

· Giusti motivi perché no – per capire quel che gli altri non capiscono.

Servono entrambi, teniamolo a mente.

Le persone sono spesso tentate di fare qualcosa per gli incerti, per convertirli alle proprie idee e quindi a lottare contro gli oppositori. ma è meglio non farlo.

Gli incerti sono quelli che si limiteranno a stare da parte ad osservare. Non si convertiranno mai. Il loro piano è quello di stare al sicuro. Hanno un’opinione ma scelgono di tacere ed evitare i rischi. Vigliacchi? Forse, ma questo è irrilevante dovendo scegliere fra trarre un vantaggio potenziale, o assumersi un rischio e forse non trarne alcun vantaggio, sceglieranno sempre il percorso più sicuro e privo di rischi. Si può spiegare loro tutto ciò che si vuole, ma non cambieranno. Perché non si tratta di capire, si tratta della loro mentalità. Il loro piano è semplice ed efficace; se tu avrai successo, ti abbracceranno e ti diranno: “Ho creduto in te fin dall’inizio amico mio”… se fallisci, diranno “Te l’avevo detto!!”.

Ignoriamoli, non perdiamo tempo ed energie.

Gli oppositori sono quei ragazzi che si oppongono apertamente alle tue idee ed al tuo programma. Lo dicono forte e chiaro ed offrono le loro ragioni. Sono nemici? NO! Hanno un’opinione e hanno il coraggio di esprimerla. Bisogna rispettarlo. Se si combatte contro di loro li si riconosce come nemici, ma c’è una cosa molto migliore da fare: imparare da loro! Avere un avversario forte è una benedizione. Il loro punto di vista e il fatto che lo stiano dicendo forte e chiaro è esattamente quello che ci vuole per capire esattamente la situazione.

Ascoltiamo i motivi per cui no, dicono ciò che gli altri non capiscono. È uno degli ingredienti, ricordate? Teniamoli vicini, continuiamo ad ascoltarli, sono avversari di grande valore, non nemici.

Non ignoriamoli e non litighiamoci, potrebbero avere ragione, potrebbero persino insegnarci qualcosa.

Ci renderanno migliori.

4. Io lavoro nel TUO progetto Vs. il MIO piccolo progetto privato

Occorre tradurre gli obiettivi affinché siano chiari per l’organizzazione, per i vari dipartimenti e per ogni individuo. Queste lingue sono diverse, quindi traduciamo attentamente!

Tagliamo la strategia in elementi, fino al livello individuale.

Ora, con obiettivi chiaramente tradotti e con compiti strategici suddivisi… creiamo un micro progetto privato ed assegniamone uno a ciascun membro del gruppo. Rendiamolo personale: meriti, responsabilità, diritti e doveri. Evitiamo di far sentire che lavorano al nostro progetto, poiché le persone stanno meglio quando lavorano ad un proprio progetto, quindi definiamoli chiaramente. In questo modo creiamo dei leader, ed è questo il nostro valore come leader.

Sembrerà che tu sia circondato da amici che la pensano come te, ascoltando attentamente colleghi che non la pensano come te e ignorando quelli che non hanno il coraggio di esprimere la propria opinione: un posto come questo sì che è un buon posto in cui stare.

Il nostro gruppo sarà allora un gruppo di leader, che gestiscono con orgoglio i propri micro progetti, si prendono il merito del successo e si assumono la responsabilità dei fallimenti. Non diamo la colpa – aiutiamo/supportiamo – nessun protagonismo – condividiamo.

Se vi trovate in questa posizione, avete già avuto successo: avrete creato una famiglia.

Personalmente lavoro in una famiglia.

Adesso è tempo di mettere in campo la tecnologia.

Credits: Haris Trobradovic, SDT Ultrasound Solutions